INDETTO DAL LICEO SCIENTIFICO – ARTISTICO GALILEI GALILEI DI BITONTO IN COLLABORAZIONE CON LA FONDAZIONE DE PALO-UNGARO
Il Concorso, destinato alle studentesse e agli studenti delle scuole Secondarie di secondo grado di Bari e provincia e si pone, tra le finalità, quella di “(…) stimolare le giovani generazioni a ricordare, rileggere, scoprire, attualizzare e approfondire la preziosa eredità linguistica tramandataci da Dante Alighieri (…)”, ha dato il seguente esito:
SEZIONE TESTI PROSA E POESIA
SEZIONE AUDIOVISIVO – MULTIMEDIALE
La commissione giudicatrice del concorso era composta dai docenti di lettere Proff. Napoli Concetta, Squicciarini Marilena, Bernardi Giuseppe, dalla scrittrice dott.ssa Cataldi Bianca Rita e dal Sig. Abbondanza Nicola. La premiazione ha avuto luogo in data 4 Giugno 2021 presso la sede del Museo Archeologico della Fondazione De Palo-Ungaro in Bitonto alle ore 18.30, nell’ambito dell’evento di Inaugurazione della Mostra delle antiche edizioni della Divina Commedia. I riconoscimenti sono stati consegnati ai vincitori dalla Dirigente del Liceo Scientifico Angela Pastoressa alla presenza del Provveditore agli Studi di Bari dott.ssa Giuseppina Lotito.
I premi comportavano: Sezione testi ▪ 1° premio 250 euro ▪ 2° premio 150 euro ▪ 3° premio un buono libri di 50 euro Sezione video ▪ 1° premio 250 euro ▪ 2° premio 100 euro ▪ 3° premio un buono materiale informatico di 50 euro
SEZIONE TESTI PROSA E POESIA
1° Classificato GERMANO Martina
Una mirabile visione
Siam qui in quaranta. Siam color che son sospesi, a tremolar nel mezzodì s’un burchio lurco di benzene che s’un mar d’acciaio vaga. Partenze e arrivi. Attese e ritardi. Fischi del capostazione a dirigere il traffico dei ricordi che si affollano come uno sciame di api nella mia memoria. Mi immergo nella lettura che mi cattura e mi travolge. La vita rinnovata dall’amore m’inciela e m’accende il demone socratico. Sguardi, incontri, sospiri, lodi. E mirabili visioni. Gli occhi… Non ho mai riflettuto abbastanza sul potere travolgente di uno sguardo. La storia di quell’amore come un colubro morde l’anima mia che par persa d’amor e pietà. Guardo fuori dal finestrino di questo treno in corsa e mi sembra di veder la bella persona di quella donna gentile che passeggia con le sue amiche, liete e spensierate, lungo l’Arno. Umile e onesta, tutto nobilita al suo passaggio, con il suo saluto che dona salute e fa imparadisare. Quell’incontro m’immeglia e mi rende insperatamente ottimista. Anche le dolenti note del saluto non ricambiato, si trasformano in speranza di felicità che nasce dal potere evocativo della poesia: velo sacro ed eterno che ammanta preziosamente tutto ciò che canta. Osservo la copertina del libro, mio compagno di viaggio e di avventure. Indugio sul titolo, foriero di inattesa rinascita e profondo rinnovamento: “Vita Nova”. Forse di questo abbiamo tutti bisogno. Non mi sento più sola in un’esperienza che mi fa trasumanar oltre il gravoso destino di eterna pendolare.
2° Classificato PILONE Alex
Uomo, sei pronto a riveder le stelle?
Canto I Nel mezzo del cammin in nostro mondo, mi ritrovo nel burchio tra color che son sospesi, chinandomi blando all’onda. Dolenti note di orror mi manicano l’udito, nel bieco stormo di quegli uomini dal sommo cuor di leone, si ode l’alta eco: “Oh coronavirus che lor mentisti, / irreale tu, che uomo rendi cieco, di morette irrite volti copristi!”. Oh che gente selvaggia e aspra e bruta! Pover’uomo, d’ignoranza peristi. Son pronto ad allargarti veduta, se dal mio burchio prenderai il remo, presto scoprirai realtà taciuta. Fatto non fosti a imitar Polifemo.Canto II La grazia amor serbi a quel varco, che io con alta arte del tirocinio attraverso introcque col perso barco. Da me viene il medico Virgilio di biancovestito: “Sei tu maestro mio, che albor, per schiarir buio giro, in ausilio porti in prima bolgia di nosocomio?” Ed egli a me: “Discente mio, beata è ai degenti la preghiera d’encomio, dovunque qui sbarca l’adunata, con luce e buio arrivan gli infermi, se stella vuol, Dio pena avrà estirpata, se avversa, carro in Bergam non si fermi!”Canto III “Oh donna lacrimosa, in terra giaci, pena ai miseri occhi miei dai, qual è seme di stille sì fugaci?”. Il bianco duca, che a spiegar guai d’altri è riposto, presto parla: “Dama che s’ adona in cella asettica, mai avrebbe sposato uomo di fama oscura, capo d’osteria, ma l’amor le anime amate ad amar chiama. Se pur per possedere lei, dama illusa in taverna assunta venne, fu scintilla che alimentò vampa, ma Natura non s’inforsa e il bimbo ottenne”.Canto IV Quanto detto non mi tange, che fine avrebbe avuto una tale storia? Suo responso non tarda: “Il confine serrato fu e pandemia gloria si prese, il ‘pappò e ‘l dindi’ mancaron e paura l’oste prese, in aporia di chiusura. Madre e figlio subiron ignuda furia e il duo scappò affranto, ma entrambi vile morso patiron del viral colubro. Con santo guanto Tristo Mietitore prole si prese e donna gridò con faccia di pianto. Con crudel abbraccio fato distese”.Canto V Finita novella che il cuor stringe, quasi cado come chi sopor piglia. Diavolo grifagno gola m’accinge: “Oh povera madre, stretta in briglia, che in quest’evo di virus raccogliesti quello che all’amor corrotto somiglia. A te alta pieta, che morir vedesti figlio, quando l’opposto dev’essere. Tal morte innaturale in cuor detesti”. Del cammin m’ammento, perso in malessere.Canto VI C’è luogo in lazzaretto dov’è meglio chinare il capo, per non veder molti uomini lacrimar goccia in ciglio. Cirri negletti, che lì in vie sepolti s’imbestian nel dolore di minugia, dal grembo di famiglia son disciolti. L’avanzar in corsia animo grattugia. “Oh assistiti, v’abbia in gloria il Signor, voi, per cui bieca pandemia indugia pio ritrovo con famiglia ancor, in vespro v’inmillerete, a Dio spazio supplicherete e col cuor urlerete: “perché a noi un tal sevizio?”.Canto VII Sventolano gli stendardi d’insania, i baiuli s’avvicinano e con lor le urla e i cricchi d’animi in zizzania. Mi spauro e interrogo: “Chi son color?”. Duca a me: “È gente che ragion smarrì, d’argenteo Cocito ora assaggia sapor!” In manicomio, ove per follia finì bella Italia, ci ritroviamo a scrutar volto di suo pio popolo che perì di sospetto e clausura. Tronfio par, retto tra i penati, il rubro demonio, pandemia, con menti di gente giocar gode. Uomo non farti suo mercimonio!Canto VIII Il duca e io lasciamo il reparto ascoso, dopo il tremolar dei nostri corpi, giunti all’uscita domando affannoso: “C’è per quelli antidoto d’anticorpi?”. E il duca a me: “Cura sta arrivando, per color che di mente non son storpi! Coronavirus molto sta spiegando: amor d’abbraccio, valor di respiro, alta salute, libertà urlando!” Luna, come lume in man di fachiro, cortese, inciela tenebre belle. Ci accostiamo al varco del chiuso giro e quindi usciamo a riveder le stelle!
3° Classificato BAVARO Adriana e PROSCIA Luigi
Nella selva degli anaffettivi
Io e lo duca mio, non eravam giunti nel loco di color che son violenti, ma né tardò guari, ch’in tutti i punti fummo chiusi per li rami taglienti, che lame pareano a veder. Strade non diritte,ma sentier fuggenti, selva sì aspra, ch’ogni speme rade. Io fui così preso, dal loco fosco che lo duca mi disse: “Che t’accade?”. Ond’io parlai: “Cos’è quest’aspro bosco?”. Indi, tutto smarrito, m’arrestai. E lui:” Prima che più entre nel bosco sappi che cose dure et aspre vedrai”. Io sentìa tante voci dolenti ma non vid’anim’autor di tali guai. Per li gridi sempre più insistenti, cred’io ch’ei credette ch’io credesse che tra i tenebrosi fusti possent certa gente per noi si nascondesse. Però disse’l maestro:”Se tu scagli codesti rami sulle piante spesse, come fanno gl’arcier con li bersagli, li pensier saran monchi in un istante. Io sentia dai numerosi tagli, di man mia inferti alle alte piante, venir voci; una di lor mi chiese: “ Or chi sei tu, sconosciuto viandante? Chi ti porta tra noi, anime lese? Ben dovrebb’esser la tua man più pia lasso, ver noi che siam piante indifese!” A lui dissi ”Se vuoi saper ch’io sia, la mia risposta non sarà negata a te che hai acceso sì l’anima mia” È il Bel Paese dell’arte amata il loco dov’io son nato; clemente fui verso gente d’odio accecata, sì son ver te, o spirito dolente. E’l tronco chiese: ”Cosa ti conduce allor nel loco scuro e sofferente?” E io rispuosi: “Compio col mio duce tale cammino, non per voler mio, ma per voler di lui che dona luce. Ora che tu conosci chi son io, saper la causa ver del tuo dolor è mio immenso e soave desìo. E’l tronco cominciò: “Io son tra color i quai han perso il ben dell’intelletto a causa di un sì disgraziato amor per una prava donna, ch’l mio petto rude non provò poi più sentimento. Nessun demone fu mai sì abbietto come fu donna dal crudele intento; il colpo ch’assestò fu sì fatale, ch’il mio cuor da quell’istante è spento”. Ed io: ”Cosa t’ha fatto star sì male della fanciulla da te tanto amata per cui or se’in questo loco infernale?”. E’l tronco: ”Molta astuzia era celata dietro la sua bontà tanto apparente et spero ch’or anch’ella sia dannata e di ciò che dico’l cor non si pente. Donna scellerata non provò pietà: m’abbandonò per un uomo suadente non per bellezza, ma per eredità. Ora son un semplice tronco spento condannato a subire la crudeltà di provar qualsiasi sentimento. Il non aver compreso il suo contorto scopo, è ‘l mio unico e sol pentimento”. Così in pianto volse il suo sconforto e fui sì mosso dal racconto triste, ch’io caddi in terra come fa l’uom morto.
SEZIONE AUDIOVISIVI-MULTIMEDIALI
1° Classificato PUGLIESE Biagio e PUGLIESE Francesco
Riveder le stelle
2° Classificato MALERBA Daniele
In viaggio con Dante fra musica e fumetti
3° Classificato CHIARULLI Nicola, CATERINA Rosamaria, IALONGO Maria Teresa, LOBASCIO Ester
La Commedia ora vs allora
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