di Nicola Pice
…oggi Facebook mi ricorda che è il compleanno del Museo Archeologico di Bitonto. E allora festeggiamolo con questi due suoi reperti… il primo,un particolare di una lekythos (λήκυϑoς) attica a figure rosse (V sec. a.C.). Si tratta di un vaso rinvenuto nel 2001 che ha il corpo longilineo utilizzato per conservare e versare olio profumato e unguenti. Ha un curioso dettaglio: sul vaso è rappresentata una fanciulla seduta su una kathedra di profilo, ornata di orecchini e con la chioma raccolta in una reticella, mentre regge nella mano destra uno specchio e nella sinistra un passerotto, insomma una fanciulla con quattro secoli d’anticipo sul carme
Passer, deliciae meae puellae,
quicum ludere, quem in sinu tenere,
cui primum digitum dare appetenti
et acris solet incitare morsus…
di catulliana memoria. Una curiosità. Nel sec. IV la forma tradizionale di questo vaso si modifica o con un allungamento eccessivo del collo o con un ingrossamento del corpo. Quest’ultima forma si diffuse enormemente da noi. In questo periodo dev’essersi formata l’espressione ληκυϑίζειν, che i Romani tradussero con ampullari, donde la nostra espressione stile ampolloso; metafora che i più credono derivata dal suono gorgogliante emesso dal liquido nell’uscire dal recipiente, ma che è piuttosto da ritenere originata dal contrasto fra la grossezza dell’oggetto e la sua leggerezza e fragilità.Il secondo reperto è davvero strano. Spesso mi è capitato di cogliere la sorpresa del visitatore del Museo Archeologico alla vista di questo oggetto. Si tratta di una grattugia in bronzo, rinvenuta a Bitonto nel 1983 in una tomba datata al IV secolo avanti Cristo. La sorpresa s’accresce quando spieghi che gli antichi se ne servivano per strofinarci sopra il formaggio per insaporare non il cibo, ma il vino. La grattugia era difatti un elemento essenziale da banchetto insieme al ricco corredo di vasi per servire e per bere vino e ad altri preziosi recipienti. Finiva per contrassegnare l’appartenenza ad un personaggio della classe emergente nell’ambito della comunità, come peraltro attestano la presenza di armi da lancio e del cinturone per la corazza di cuoio ritrovati nella stessa tomba. Per avere conferma di questo uso antico di mescolare vino col formaggio si possono rileggere questi versi (632-643) dell’XI libro dell’Iliade, nei quali si descrive l’accoglienza che il saggio Nestore riserva a Patroclo, portatosi nella sua tenda per sapere di Diomede ferito.
Vi metteva una coppa bellissima, che il vecchio aveva portato da casa:
era tutta adorna di borchie d’oro: i manici della coppa
erano quattro e intorno a ciascuno stavano beccando
due colombe d’oro; sotto vi erano due sostegni.
Chiunque altro faceva fatica a spostarla dalla tavola,
quando era piena: Nestore il vecchio la sollevava senza sforzo;
dentro, la donna simile a una Dea faceva un impasto
con vino di Pramno, vi grattò sopra del formaggio caprino
con una grattugia di rame e vi spargeva bianca farina.
Preparato il beveraggio, li invitava a dissetarsi.
Essi sorseggiarono e si tolsero la sete ardente:
poi si scambiarono qualche parola tra di loro
XI libro dell’Iliade, versi (632-643)
Allora, buon compleanno al nostro Museo.