Dantedì

Il Museo Archeologico
– Fondazione De Palo-Ungaro – Bitonto
partecipa alla prima giornata nazionale dedicata a
«Dante Alighieri»


25 marzo 2020

di Nicola Pice

Il disegno di Dante è di Giuseppe Ranù

Oggi ha ancor più senso leggere Dante e riscoprire i suoi versi. Non possiamo rinunciare ad innamorarci di lui, la conoscenza della sua Commedia è una esperienza amorosa che non conosce tramonto. I suoi versi sono pieni di ritmi, di pensieri, di parole che viaggiano nel tempo insieme a ciascuno di noi. Una conferma di ciò viene dalle Conversazioni su Dante di Osip Mandel’štam, un poeta russo scomodo per il regime staliniano, finito deportato con l’accusa di “attività controrivoluzionaria” in un campo di concentramento. Questo poeta, che “ardeva tutto per Dante”, vedeva in lui un anticipatore della nuova poesia europea. “Presi dalla terminologia teologica, dalla grammatica scolastica e dalla ignoranza allegorica abbiamo perso di vista le danze sperimentali della Commedia dantesca, e abbiamo conferito a Dante una dignità conforme al modello di una scienza defunta, mentre la sua teologia era un vaso di dinamica” scrive Mandel’štam. Dante guarda alla cultura del passato, non la ripropone stancamente, ma la riscrive, la riusa, la rinnova. La poesia è creazione, “cambiamento”, “gioia del divenire”, “flusso d’energia”, “campo d’azione” composto di “onde semantiche”, “onde-segnali”, che “svaniscono, una volta eseguita la loro funzione: quanto più sono intense, tanto più sono arrendevoli e tanto meno sono inclini a trattenersi”: questi caratteri della poesia sono propri di Dante dice il poeta russo. Dante infatti gli appare “il più grande e indiscusso signore della materia poetica convertibile e in via di conversione, il più antico e al tempo stesso il più vigoroso direttore d’orchestra […] d’una composizione poetica che esiste unicamente sotto forma di flussi di onde, sotto forma di impennate e bordeggi”. Sicché la “contemporaneità” di Dante si rivela “inesauribile, incalcolabile e inestinguibile”. Oggi, in ricorrenza del Dantedì, vale la pena citare pure W. Gombrowicz: “Io che mi metto in contatto con quel tal Dante attraverso lo sciame, il turbinio di sei secoli colmi di esistenza, io che mi tuffo nel tempo già risolto e concluso per afferrare lui, già morto, quel tale “ex” Alighieri… Tuttavia, affinché io possa dire di qualcuno che egli fu…, questo “fu” deve apparire sull’orizzonte stesso del mio presente, simile ad uno strano punto in cui si intersecano due raggi: uno che proviene da me, dal mio sforzo di ricreare, e l’altro che nasce dal di fuori, all’incrocio tra l’avvenire e il passato, nel punto esatto in cui trascorre il tempo, e consente di capire che ciò che fu, “è” sempre ancora, in quanto cosa che “fu”…”. L’ho ricordato spesso ai miei alunni: è proprio nella intersecazione di questi due raggi che si può scoprire l’attualità di un grande poeta.

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