Intervista di BitontoLive al prof. Nicola Pice – Presidente dell Fondazione De Palo-Ungaro Museo Archeologico Bitonto – che spiega il progetto di collaborazione con FabLab basato sulla fabbricazione digitale, per consentire l’esplorazione tattile dei reperti.
di Marco Lovero
Estendere la fruizione dei beni culturali agli utenti con disabiltà, sfruttando le possibilità offerte dalla fabbricazione digitale: è l’obiettivo della collaborazione fra due realtà culturali bitontine: il Museo Archeologico della Fondazione De Palo-Ungaro ed il Centro Tecnologico di fabbricazione digitale FabLab, che hanno dato vita ad un progetto condiviso di innovazione e ricerca.
L’iniziativa vuole anche superare l’immagine stereotipata che molti hanno dei musei, come spiega il professor Nicola Pice, presidente della Fondazione: «Spesso il museo è ritenuto uno spazio statico, anacronistico e aristocratico. È invece una struttura che vive e si rinnova, un luogo accogliente di conoscenza, formazione, stupore, necessario all’uomo ed è un servizio essenziale di rilevanza culturale. Il museo deve cercare “alleanze” e attuare progetti fatti con altri musei, associazioni, attraverso le relazioni con il mondo della scuola, con le nostre culture storiche, materiali, antropologiche, le memorie collettive, affermando la cultura della collaborazione e la capacità di saper guardare a prospettive comuni, capaci di costruire poli culturali locali col fine di trasformare le singole realtà in articolazioni di una struttura più forte. Perciò la comunicazione è chiamata a svolgere un ruolo importante: comunicare nel senso etimologico del termine, ossia “communis agere”, quel fare insieme che trasforma i musei in campi di interattività e di duttilità senza rinunziare a quelle istanze di democratizzazione del patrimonio e di patrimonializzazione dei beni conservati, innervati dal sentimento di appartenenza a una comunità su cui si fonda la partecipazione alla vita democratica, riattivando memorie, alimentando l’orgoglio locale e costruendo un orizzonte di senso intorno ai simboli prodotti dalla storia del territorio: la memoria è identità e l’identità collettiva si fa memoria collettiva».
Ma cosa dobbiamo aspettarci da iniziative come questa? «Nella consapevolezza che la conoscenza debba porsi alla base di ogni costruzione sociale – spiega Pice – dobbiamo perseguire una progettualità orientata verso dinamiche di condivisione, relazione e costruzione di rete che si prefigga il raggiungimento di obbiettivi di interesse generale, di tutela e di sviluppo di beni comuni come oggi possono essere definiti i contenitori culturali della città e privilegi il coinvolgimento dei cittadini in dinamiche contemporanee di relazione ed inclusione. La presenza di istituzioni nella costruzione della rete può portare molteplici altri vantaggi sui costi di gestione e sullo sviluppo economico di attività che stanno nascendo ma che, proprio perché allo stato poco più che embrionale, hanno la necessità di un impulso. La creazione della rete produrrebbe sviluppo economico, difendendo l’identità culturale di Bitonto. Questo concorrerebbe non poco a dimostrare che la cultura, la sua diffusione, la sua valorizzazione può e deve essere volano di sviluppo economico e contemporaneamente mezzo indispensabile per far crescere il tessuto sociale e morale della comunità».
«L’obiettivo – chiarisce il professore – è ridurre le distanze tra il patrimonio culturale e i suoi fruitori, rendendoli visit-attori, coinvolgendoli in una realtà tangibile tutta da scoprire in cui è possibile sperimentare nuove abilità e conoscenze, con un approccio attivo ed intuitivo».
Alcuni dei reperti archeologici verranno selezionati e sottoposti a riproduzioni in stampa 3D, creando un percorso museale tattile complementare a quello tradizionale, in modo da consentire grazie al tatto la possibilità di fruizione del patrimonio anche a ciechi o ipovedenti. È prevista anche l’istallazione di una postazione VR che permetterà di esplorare virtualmente il museo, interagendo con le ricostruzioni tridimensionali dei singoli reperti.
«Vogliamo coniugare – conclude Nicola Pice – memoria e immaginazione del futuro, mirando alla valorizzazione e alla conoscenza del nostro patrimonio archeologico, rivendicando il diritto alla memoria come diritto umano essenziale perché la memoria è alla base di ogni identità personale, comunitaria e di un territorio. Non possiamo ignorare quel “liquido amniotico” in cui siamo nati e nel quale e grazie al quale viviamo, che ci rende autentici e unici. “L’archeologia assume oggi una funzione socialmente più importante nella società contemporanea, in quanto mediatore tra il passato e la contemporaneità”, parole sacrosante di Giuliano Volpe che fanno eco a quelle di Daniele Manacorda: “L’archeologia parla per tutti, ci aiuta a farci sentire tutti uguali in un mondo di diversi, più che tutti diversi in un mondo apparentemente di uguali”».