di Nicola Pice
…nel Museo archeologico di Bitonto un cratere a campana a figure rosse, con la curvatura pronunciata del corpo, il labbro estroflesso e le due anse rialzate, è uno dei reperti di maggiore interesse. Rinvenuto nel 2001 a Ruvo lungo la strada vicinale Patanella e riconducibile alla fine del V secolo a. C., esso è attribuito al Pittore di Amykos, uno dei più importanti e prolifici ceramografi italioti della prima generazione, la cui attività si sviluppò principalmente a Metaponto. Il Pittore di Amykos – il nome, del tutto convenzionale, deriva dalla scena raffigurata sull’hydria a lui attribuita della punizione di Amykos, il re dei Bebrici che non permetteva ad alcuno straniero di approdare alla sua terra, se prima non si fosse misurato con lui nel pugilato, come raccontata da Apollonio Rodio nelle sue Argonautiche – è considerato un diretto discepolo del Pittore di Pisticci, il capostipite del gruppo protolucano, da molti ritenuto di probabile provenienza e formazione greca. Il pittore di Amykos ebbe una predilezione per le scene di carattere dionisiaco e per quelle d’inseguimento amoroso, come attestato nel nostro cratere. La sua decorazione figurata si presenta nell’insieme convenzionale, essendo costituita sul lato A da una scena, verosimilmente prematrimoniale, tra personaggi mortali e sul lato B da una scena con tre giovani ammantati. Nella scena A tutto l’ardore del giovane inseguitore, seminudo e con i fianchi avvolti da un drappo, si percepisce dall’ampia falcata e dal suo braccio destro disteso con la mano che ha quasi raggiunto la spalla della fanciulla per afferrarla, mentre nella mano sinistra regge un lungo bastone, il che lascia presupporre si tratti di un pastorello. Distanziatasi dalla sua compagna – con reticella che avvolge i capelli e un lungo chitone – che si allontana in direzione opposta girando lo sguardo verso il centro della scena – un atteggiamento del tutto usuale nelle scene vascolari attiche di inseguimento erotico e ricorrente sui vasi lucani -, la fanciulla – con chitone e mantello drappeggiato sulle spalle quasi in forma di collare e due lembi svolazzanti in basso, mentre i capelli sono trattenuti da una benda triangolare e una corta frangia ricade sulla fronte – procede velocemente manifestando l’intento di sfuggire alla presa. Sul lato B del cratere è raffigurata una scena tra le più comuni nella ceramica attica e magnogreca: è il colloquio tra ammantati, un soggetto ripetitivo, che non va considerato come semplice riempitivo della decorazione. Difatti il ceramografo intendeva esprimere un significato con il disporre non già i ricorrenti personaggi con bastone, ma degli uomini senza bastone, completamente avvolti nel loro mantello e con le mani nascoste, che si caratterizzano per l’astensione dall’agire, come se fossero in attesa di un evento che sta per compiersi. Spesso tali figurazioni sono state interpretate come rappresentazioni di cittadini esemplari, evocativi del mondo della palestra, che rimandano all’efebia e allo statuto civico del ‘cittadino perbene’. Un’ultima nota: nel nostro cratere emergono i particolari stilistici propri della maniera del pittore di Amykos: i profili con angolo facciale tipico, le mani affusolate o con dita ricurve e disossate, la doppia bordatura del peplo con l’ampio rabbocco in corrispondenza della vita, le pieghe dei panneggi ad uncino, i capelli dipinti come una massa compatta, il naso diritto e appuntito, il mento abbastanza arrotondato, le figure femminili slanciate e rigide nel loro abbigliamento, precise nel disegno, anche se inespressive.