Divina Commedia realizzata nel 1937, XV° dell’era fascista
In mostra a maggio nell’ambito del progetto della Fondazione De Palo-Ungaro approvato dal Comitato Nazionale per la Celebrazione dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri la prestigiosa Divina Commedia realizzata nel 1937, XV° dell’era fascista, dal Sindacato Romano degli Autori e Scrittori negli stabilimenti tipografici della Società Editrice di “Novissima” in Roma e dedicata a Mussolini. “Per noi la Divina Commedia è il poema votivo di compiuta potenza e lo stesso magico vaticinio della nuova Italia imperiale”, dice in premessa Francesco Sapori, professore di storia dell’arte in varie università italiane e convinto fautore della politica artistica del regime, aggiungendo: “Nella sintesi dell’Alighieri celebriamo i poeti, gli eroi, i santi della nostra gente. Massimo profeta della Patria, e insieme genio autonomo e universale, egli è la creatura per eccellenza, che dritta si aderge al Creatore”. Dunque, con questa edizione si intendeva celebrare la fondazione dell’Impero. “La lezione seguita per il testo – aggiunge Sapori – è quella condotta da Giuseppe Vandelli, per incarico della Società Dantesca Italiana, “in occasione del sesto centenario della morte del Poeta: 1921, l’anno che precedette l’atto rivoluzionario della Marcia su Roma. Da secoli il genuino accertamento del testo primitivo è apparso irraggiungibile. Come ottenere una letterale certezza, se oltre agli autografi e agli apografi, anche gli esemplari dei codici immediatamente sincroni andarono perduti? Cercatore provetto e coscienzioso delle più sicure ragioni artistiche, linguistiche, fonetiche, il Vandelli ha spogliato interi manoscritti, vagliando con logico discernimento mutazioni, rasure, preferenze di copisti e commentatori. Così, senz’altre postille, ristampiamo e rileggiamo la Divina Commedia”. La prefazione si conclude dicendo che “Dante, padre del nostro idioma, rimane non soltanto per gli scrittori, ma per gli uomini, incommensurabile esempio d’amore morale, d’altissima fede”. Si tratta, dunque, di una splendida edizione “muta”, senza illustrazioni e commento, in carta pesante fatta a mano, a tiratura fortemente limitata – furono realizzati solo 273 esemplari, il nostro è la 154 copia – con ottima legatura editoriale in similpelle bianca con grande aquila imperiale romana stilizzata al piatto e titolo in verde al dorso, mentre il frontespizio è in verde e nero. Il volume è un esempio di commistione tra discorso di propaganda e discorso scientifico e quindi rappresentativo della critica letteraria del Ventennio.