Museo Archeologico di Bitonto
di Nicola Pice
Tra i reperti conservati nel Museo Archeologico di Bitonto largo interesse e valore estremamente simbolico hanno le kylikes apule, vasi usati nei banchetti come coppe di vino. Una del V secolo a figure nere è decorata all’esterno da fiori di loto legati da girali a due palmette laterali e all’interno da un volto femminile di profilo con lunga capigliatura, un’immagine che non esiteresti a definire fumettistica; alcune a vernice nera hanno palmette impresse sul fondo, collegate da archi penduli; un’altra a figure rosse, che adotta due diverse tecniche di decorazione, presenta all’esterno un ramo di ulivo e all’interno piccoli rami stilizzati; altre ancora sovraddipinte in rosso hanno sul fondo racchiuse in un doppio cerchio figurazioni di animali tra rami di alloro o di ulivo. Il vaso, a forma di una vasca larga e bassa, poggiante su un piede sottile, ha due piccole anse laterali impostate poco sotto l’orlo e spesso quasi orizzontali. All’interno, il fondo, tendenzialmente piano, è spesso decorato da scene, raffigurazioni o decorazioni: queste, occultate dal vino depositato sul fondo, si rendevano gradualmente visibili solo durante l’atto del bere, per cui i soggetti raffigurati erano molto spesso concepiti in funzione di questo effetto. La curiosità: questa coppa era spesso utilizzata per il cottabo, un gioco solito a farsi durante il simposio. Esso consisteva nel colpire un bersaglio, un piatto o un vaso, con il vino che residuava nel fondo della coppa. Prima regola era imparare a reggere la coppa tenendo le dita in posizione simile a quelle del suonatore di flauto; poi facendo oscillare il polso e dosando la forza dello stesso si lanciavano le gocce residue mirando al piccolissimo piatto in metallo posto in equilibrio sopra la sottile asta di ferro che costituisce la base. L’asta era posta al centro di una sala circolare appositamente costruita per il gioco, e aveva a mezza altezza un altro piatto più grande, che aveva la funzione di raccogliere il liquido che precipitava assieme al piccolissimo bersaglio che, se centrato dal vincitore, cadeva. In verità questo passatempo non si limitava a un puro esercizio di equilibrio, ma coinvolgeva anche l’abilità, la mira e la sicurezza del gesto. Il gioco si contornava di valenza divinatoria: rappresentava un tentativo di controllare il futuro e di offrire una risposta alla contrapposizione successo/fallimento. Il vincitore otteneva sempre regali e nondimeno anche la stima della persona desiderata per amore.