di Nicola Pice
Nel corso del IV secolo si sviluppa nella Apulia una grande produzione di crateri a volute: il museo archeologico di Bitonto ne conserva non pochi. Il cratere era un vaso destinato originariamente al simposio, al momento nel quale gli uomini al termine del banchetto miscelavano vino e acqua, miele e spezie, per poi versarlo nelle coppe. I crateri apuli sviluppano la forma di questo vaso, aumentandone a dismisura le proporzioni e rendendolo molto più slanciato, ma la destinazione d’uso dei vasi cambia: non più il simposio, ma il corredo funebre, dove i crateri testimoniavano della ricchezza e raffinatezza del proprietario della sepoltura. Anche i soggetti che decorano le pareti dei vasi sono soggetti funerari: al centro di uno dei due lati si trovano spesso stele o tempietti con figure, che riproducono i monumenti funerari più in uso all’epoca in Apulia. Dal punto di vista tecnico i pittori apuli fanno larghissimo uso, oltre alle figure rosse, delle sovradipinture in bianco, giallo e porpora, che conferiscono tocchi di luce alla fittissima decorazione vegetale che copre tutto il corpo del vaso: per lo più bianchi gli elementi architettonici e bianchi i personaggi che rappresentano le figure dei defunti, a differenza dei viventi che rimangono del colore dell’argilla. Un motivo di interesse è nei mascheroni, una decorazione plastica consistente in un volto femminile (il più delle volte la Medusa) che viene applicata sulle volute. Questi riccioli non dicono tanto un aspetto decorativo quanto un valore apotropaico. Il rimando dobbiamo trovarlo in Perseo che tronca il capo alla Medusa e con essa sconfigge ogni male che gli si presenta: quel capo tagliato gli permette di diventare il signore che domina il terrore, egli diventa invincibile, e quando deciderà di consegnarlo a Minerva, la dea lo porterà scolpito sul suo scudo. È facile supporre che i riccioli sono così ben rappresentati perché concorrevano a donare al Gorgoneion il suo potere di vincere ogni paura, magari anche la paura della morte. Ecco perché non una faccia orrida, ma un volto quieto ha questa medusa raffigurata sulle volute dei crateri, incorniciata da ciocche ondulate di capelli con intrecci di serpenti che si mimetizzano tra la chioma, mentre sotto il mento si risolvono in un ampio fiocco svolazzante. Spesso persino il guttus a vernice nera – ve ne sono diversi nel nostro museo – ha sulla parte superiore del vaso un medaglione a rilievo con testa di Medusa, e il guttus, si sa, era un vasetto da cui il liquido fuoriusciva a goccia a goccia” [gutta=goccia]), spesso utilizzato come biberon, come a voler dire che il bambino era affidato alla cura della Medusa non orrida posta in rilievo, lei la capace di stornare ogni avversità.